“Ma Che Cavolo!” la ristorazione universitaria verso un futuro di sostenibilità, flessibilità e semplicità
Si è tenuto il 17 maggio, a Firenze, l’evento nazionale organizzato da ANDISU e DSU Toscana sulla ristorazione sostenibile. Nel corso della mattinata, presso l’Auditorium Sant’Apollonia, ricercatori, esperti e operatori del settore si sono incontrati per discutere di politiche green in ambito universitario: a “Ma che cavolo! – la ristorazione universitaria che si (s)batte per l’ambiente” hanno partecipato rappresentanti degli organismi per il Diritto allo Studio Universitario di tutta Italia, delle Università, RUS e di associazioni che operano nell’ambito della “sostenibilità”.
Durante la giornata nazionale si sono confrontate varie esperienze del settore per valutare quanto sia rilevante l’impatto dei processi di produzione ed erogazione dei pasti nelle mense universitarie sull’ambiente e quanto un cambiamento diffuso delle abitudini alimentari, con un consumo maggiore di alimenti vegetali, possa contribuire a contenere i mutamenti climatici.
Ad aprire l’incontro è stato il Presidente di ANDISU, Alessandro Ciro Sciretti: “Ringrazio il DSU Toscana per aver voluto proporre un percorso che molti associati ANDISU portano avanti da tempo. La ristorazione sostenibile e il sistema del diritto allo studio universitario può e deve impattare sui cambiamenti del futuro. Il diritto allo studio ha effetto sulla vita di tutti i giorni. Ringrazio il Presidente di ANDISU mio predecessore, Alessio Pontillo, per il lavoro svolto e il Ministero dell’Università per l’azione di sostegno del DSU in Italia. Quanto al catering universitario, bisogna considerare le azioni sostenibili per ridurre l’impatto ambientale del sistema di ristorazione collettiva. Desideriamo sensibilizzare gli utenti verso buone pratiche che possano avere un impatto positivo e di prospettiva”.
Marco Del Medico, Presidente del DSU Toscana, nel suo intervento è partito dall’articolo della Costituzione dedicato al diritto allo studio, passando poi all’importanza che quest’ultimo può rivestire anche in termini di contrasto al cambiamento climatico: “Come DSU Toscana, per ridurre il cambiamento climatico, siamo intervenuti con gesti tendenti al green come la riduzione della plastica nelle mense e negli alloggi, sul menù della ristorazione aumentando le opzioni vegane e riducendo la quantità di carni rosse presenti, sul recupero degli avanzi tramite partnership con enti del terzo settore. Le nostre azioni devono supportare e guidare i nostri ragazzi verso un futuro sostenibile. Noi come ente possiamo dare l’esempio con una funzione educativa. Dobbiamo lavorare per creare un sistema virtuoso. Siamo stati riconosciuti con premi nazionali in tema di sostenibilità come il Compraverde Buygreen 2024, (sezione Mensa Verde 2024), dopo aver ricevuto l’anno scorso la menzione speciale dalla stessa organizzazione che si occupa delle politiche, i progetti, i beni e i servizi di Green Procurement, pubblico e privato. Agire sulla sostenibilità rappresenta un dovere da perseguire con azioni concrete, mettendo a confronto le esperienze positive e trovando soluzioni che possono aiutare il processo di transizione”.
Enrico Carpitelli, Direttore Generale DSU Toscana, ha ribadito il continuo impegno dell’ente per le politiche sostenibili: “La ristorazione è sempre stata presa sul serio in Toscana, per una questione di salute, ma anche per l’impatto ambientale”.
A moderare la prima parte della giornata è stato il giornalista de “La Repubblica”, Antonino Palumbo, che ha presentato i vari esperti del settore e le loro proposte e studi sul settore.
Alessandro Galli, Direttore del programma Mediterraneo Global Footprint Network, partendo da una panoramica sulle risorse naturali presenti a livello globale, ha illustrato come, all’interno del contesto universitario, si possano adottare strumenti più sostenibili: “La nostra economia è definita oggi “da mondo pieno” dato che i consumi sono aumentati così come la popolazione. Il nostro impatto sul pianeta è estremamente cambiato ed è stato innescato un circolo vizioso alterando il clima. L’università è un attore fondamentale nell’insegnare ai giovani la transizione verso scelte più sostenibili. Abbiamo lavorato qualche tempo fa con l’Università di Siena per adattare pratiche più green tra le quali il calcolatore dell’impronta ecologica dell’Università che ci ha permesso di vedere quali sono le attività quotidiane che impattano di più sull’ambiente. Era emerso subito il forte peso dell’alimentazione. Con il calcolatore abbiamo misurato l’impatto e abbiamo potuto creare un documento su come agire con varie raccomandazioni. Molte pratiche sono già in atto presso il DSU Toscana, fra queste l’inserimento di pasti vegetariani e pasti vegani che aiutano a ridurre l’impatto ecologico del 40%”.
Federica Laudisa, Ricercatrice IRES Piemonte, ha elencato dati e trend sugli studenti che frequentano le mense in Italia. Il trend è quasi stabile da oltre 20 anni: circa 21 milioni di pasti all’anno erogati ogni anno. La ricercatrice ha poi esposto il rapporto e le differenze con gli altri paesi europei sul numero di punti ristoro e sul numero delle erogazione dei pasti. In conclusione ha svolto una riflessione sulle opportunità offerte dal Pnrr e su un aspetto che potrebbe essere potenziato a favore della sostenibilità ambientale: “Il Pnrr forse poteva investire anche sulla ristrutturazione delle mense in termini più sostenibili, mettendo in rete le esperienze virtuose”.
Il rapporto fra istituzioni e studenti è stato analizzato dalla R.U.S dell’Università di Torino con il Prof. Egidio Dansero e la Prof.ssa Nadia Tecco. La RUS si è occupata della mappatura degli Atenei italiani e la redazione di un vademecum sugli esempi virtuosi in termini di consumo e distribuzione dei pasti. Il cavolo (da qui la decisione anche di intitolare l’evento alla pianta) è stato utilizzato come metafora perché ogni foglia rappresenta i vari livelli di chi si occupa di sostenibilità in termini di ristorazione. La Rus ha poi effettuato un’indagine sulle conoscenze alimentari delle popolazioni universitarie. Al questionario hanno partecipato circa 11mila persone con età media di 24 anni. La difficoltà che emerge dai dati è tradurre il nesso che c’è fra comportamento alimentari virtuosi ed effetti sull’ambiente. L’Università deve promuovere un’alfabetizzazione alimentare.
Il Prof. Franco Fassio, progettista per lo sviluppo sostenibile all’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo (Cn), ha illustrato nel suo intervento la centralità del cuoco presente in due progetti europei da lui coordinati fra cui il progetto “Life Foster”: “Dobbiamo insieme implementare un nuovo paradigma culturale per guidarci verso la transizione ecologica. L’obiettivo dell’Ateneo di Pollenzo è proprio condividere buone pratiche sul food system grazie anche allo slow food. Il primo terreno da battere è quello di un approccio sistemico a livello di ristorazione universitaria. La sfida del food system è rivoluzionare il modello produttivo offrendo uno spazio etico. I cuochi hanno un ruolo da educatori in questo sistema. Apprendimento attivo ed esposizione al nuovo pasto sono fra le strategie più vincenti a livello europeo”.
Matteo Vittuari dell’Università di Bologna del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari ha effettuato uno studio sugli interventi e strumenti della sostenibilità nella ristorazione universitaria e su come progettare modelli più green. L’approccio utilizzato è quello del food system e quindi la connessione fra persone e territori, cercando di portare avanti interventi con un approccio multi attore che coinvolge le Università, gli enti dsu del territorio (in questo caso ERGO Emilia Romagna), il personale scolastico, gli enti regionali e gli operatori privati come le singole aziende di ristorazione. Il lavoro portato avanti è di valutazione integrata dell’impatto, con strumenti di economia comportamentale e approcci partecipativi. Il primo approccio è quello legato alle motivazioni (framework MOA). Altro strumento utilizzato è quello del life cycle thinking. Fra i progetti importanti portati avanti negli ultimi anni con la Regione Emilia Romagna c’è l’intervento effettuato in 26 scuole primarie del territorio dove è stato invertito l’ordine del pasto mettendo come prima portata il contorno e quindi le verdure prima della pasta e delle proteine, per analizzare se questa inversione potesse aiutare a ridurre lo spreco alimentare di alimenti green e contribuire a diete più salutari. Dalle mense scolastiche si è poi passati alle mense universitarie con un approccio interdisciplinare.
Valentina Taglietti, Food Policy specialist di MenoPerPiù, ha parlato invece di formazione e dell’importanza di condividere il percorso con gli stakeholder. L’esperta è partita dallo studio sui consumi alimentari in Italia: nel 2023 si è consumato, nella fascia d’età 18-25 anni, 150gr di carne al giorno e 10 gr di legumi al giorno, un dato che ci fa riflettere sulla lontananza dalla transizione ecologica. L’invito è quello di influenzare in modo sostenibile le nuove generazioni. Nel 2023 il 55% delle mense universitarie italiane non ha un secondo piatto a base totalmente vegetale. La dottoressa Taglietti ha presentato anche alcuni modelli europei basati su incentivi economici (minor costo dei prodotti vegetali) e sulla visibilità delle alternative alimentari (a partire dal nome da dare ai piatti) per dimezzare la presenza delle proteine animali nei piatti.